Storia di Tubbiano
"Secoli di storia e pensiero umano, dagli Etruschi al Rinascimento, dalle vestigia romane, all’austero medioevo, infine la spiritualità francescana che abita ancora gli eremi sperduti sui monti, tutto ciò è presente qui, lo troverete, uscendo da voi stessi, per ritrovarvi poi rinnovati."
I nomi dei luoghi spesso contengono la loro storia. Perché se un uomo da un nome ad una cosa è per spiegarne il significato. Tubbiano contiene due concetti derivanti entrambi dal mondo romano, ma probabilmente molto più antichi, legati forse alla civiltà etrusca o preitalica: Tuba Ianus, la tuba di Giano. La tuba era un lungo strumento a fiato in uso in epoca romana, una sorta di tromba in bronzo con canna lunga e diritta dal suono grave
e squillante che le legioni romane usavano in battaglia per incitare all’assalto o per segnalare un pericolo imminente. Giano invece era una divinità antica non risalente all’olimpo dei Greci, ma radicata nei culti arcaici dell’Italia preromana, il Dio che presiedeva a tutti i
passaggi, le soglie, materiali e immateriali, come le porte delle case o i ponti, ma anche i passaggi metaforici da una dimensione ad un'altra, da un mondo ad un altro. Il dio dell’inizio e della fine, del tempo storico e di quello mitico, ma soprattutto un dio legato al movimento, al viaggio. Esso veniva rappresentato bifronte o bicefalo, vale a dire con due facce che vegliavano nelle due direzioni a custodire entrata e uscita. Tubbiano, luogo dedicato al dio dei passaggi, in cui risuonava il suono delle tube, come monito davanti ad un imminente pericolo. In effetti la casa domina la vicina città di Arezzo ed è facile immaginare che da questo avamposto situato su una via che sale verso un valico, potesse partire in tempi remoti un suono d’avvertimento alla vista di truppe nemiche o semplicemente di carovane straniere in arrivo. Comunque un luogo di passaggio come lo è rimasto per
secoli. Fino a diventare nel medioevo un vero e proprio villaggio con tanto di chiesa e comunità contadina. Si coltivava grano e legumi, ma soprattutto si erano impiantati la vite e l’ulivo. Tubbiano contava più di un centinaio di anime quando nel 1796 un terribile terremoto sconvolse le terre di Arezzo e rase al suolo le case costruite in pietra a secco e paglia. Anche della grande chiesa restò in piedi solo un fianco, e l’unica casa a salvarsi fu quella che ora abitiamo. Tubbiano divenne così un ostello, un luogo di ristoro per i pellegrini e i viaggiatori in marcia verso il mare Adriatico o verso gli eremi francescani del Casentino. Alla fine dell’800 vi si stabilì una guaritrice famosa in tutta la regione. La mitica Rosina, curava i malati con le erbe raccolte nei boschi, con unguenti e impiastri di cui lei sola conosceva le segrete ricette. Passarono due guerre e i campi vennero in parte abbandonati. Il bosco si riappropriò della terra e ancora oggi si possono vedere gli antichi terrazzamenti in pietra diruti nel folto della macchia tra querce e castagni secolari. Una terra rimasta vergine, che non ha mai conosciuto la concimazione chimica o i pesticidi, alimentata da piccole fonti nascoste nel fitto sottobosco, dove si abbeverano caprioli e cinghiali, tassi e istrici, dove oggi è anche di nuovo apparso il lupo. La storia di Tubbiano, come narra appunto il nome, è una storia di passaggi. Qui si arriva e da qui si riparte. Qui ci si rinnova nel corpo e nello spirito, per intraprendere di nuovo il cammino, più forti, più sereni.